Non sbaglia il finanziere Francesco Micheli quando dichiara che l’attuale crisi non è di natura finanziaria, ma economica e nasce dal grande deficit commerciale americano.
I tassi reali negativi che abbiamo visto per anni negli Stati Uniti rendevano conveniente per gli americani indebitarsi. Una situazione che ha sì contribuito a generare una crescita tumultuosa a cui però, come successo svariate volte in passato, è seguito un inevitabile crollo; questo ciclo che ha colpito non solo gli Stati Uniti, è stato alimentato dalla politica monetaria della Fed guidata da Greeenspan fino al 2006 ed attualmente dal barbuto Bernanke.
Non ci sono dubbi ormai nel rilevare che tanto più elevato è il grado di eccessi monetari e maggiore, se non inevitabile, è anche il rischio che si creino bolle speculative, l’Ocse stessa ha presentato una relazione con un’impressionante mole di dati a sostegno di questa tesi.
Gli effetti del ciclo di espansione e crollo sono stati amplificati da svariati fattori, innanzitutto un tasso d’interesse straordinariamente ridotto ha favorito il ricorso a mutui subprime e a tasso variabile ed ha altresì portato ad un’eccessiva e generalizzata propensione ad assumersi rischi. È interessante notare come il numero delle insolvenze nel pagamento dei mutui e il pignoramento degli immobili sia inversamente proporzionale all’inflazione del prezzo delle case. La frequenza di questi episodi quindi si è notevolmente ridotta negli anni in cui i prezzi delle abitazioni stavano crescendo con grande rapidità, il che ha verosimilmente avuto la conseguenza di sconvolgere i programmi di concessione di mutui.
I diversi tipi di mutuo (a tasso variabile, subprime e di altro genere) sono stati poi “cartolarizzati”, ossia strutturati in pacchetti di obbligazioni estremamente complessi e le agenzie di rating, sulle cui valutazioni ci sarebbe molto da dire, hanno sottovalutato il rischio connesso a questi titoli.
Anche altre azioni delle autorità hanno svolto un ruolo: le imprese pubbliche Fannie Mae e Freddie Mac sono state spinte a espandere l’uso e ad acquistare obbligazioni garantite da mutui, compresi quelli contenenti i mutui subprime più rischiosi.
L’eccesso di moneta con cui la Fed ha inondato l’economia ha anche causato l’esplosione del mercato dei derivati che nel periodo 2002-2008 è quintuplicato arrivando alla cifra di 684.000 miliardi di dollari.
Queste azioni hanno così innescato un’enorme bolla che ha cavalcato la tigre dei titoli cartolarizzati garantiti da mutui e infine è sprofondata sotto i colpi d’un mercato che, prendendosì la rivincita sull’enorme distorsione in atto, ha fatto tabula rasa rispetto ai valori gonfiati degli anni precedenti.