Negli ultimi 20-30 anni l’Europa è stata praticamente egemonizzata dall’asse franco-tedesco e la politica estera italiana ne è stata sempre succube. Chiunque avesse dubitato di un’Europa a guida “carolingia” sarebbe stato bacchettato dai vari Prodi, Amato, Enrico Letta, ecc. o considerato euro-scettico o addirittura contro l’Europa.
Solo con il governo Berlusconi la politica estera è cambiata, diventando più autonoma, con maggiori legami e consonanze con il mondo anglo-sassone di Blair e Bush, politica anche filo-israeliana e non più filo-araba come era stata con i governi democristiani (Andreotti).
Oggi dopo la grande sconfitta del governo francese al referendum sulla Costituzione Europea e il fallimento all’ultimo vertice sul bilancio UE, le voci critiche su Chirac e sull’Europa franco-tedesca in frantumi si sono fatte sempre più frequenti e articolate. Oggi quindi non siamo più soli.
Basta leggere alcuni editoriali di questi giorni su “Il Foglio” (Ferrara), su “Il Corriere della Sera” ( Panebianco), su “L’Opinione” ed altri. Qui di seguito, a mò di esempio, ne citiamo alcune osservazioni, per noi completamente condivisibili e con buona pace di Prodi.
“Ormai in molti hanno cominciato a capire che la malattia dell’Europa si chiama Jacques Chirac. Non perché i francesi abbiano votato contro di lui e non contro l’Europa, ma perché l’Europa che veniva descritta dal presidente francese come un’estensione della Francia, come un baluardo contro “gli anglo-sassoni” e la libertà economica, era una costruzione artificiosa e parolaia, che alla prima prova seria è andata in frantumi”.
“Dopo il referendum, la Francia non può più pretendere di essere la “General Motors”: ciò che va bene per la Francia non va necessariamente bene per l’Europa. Per questo la politica agricola europea (ossi , l’Europa al suo peggio) non è più un tabù.
E’ preoccupante che Chirac, grande artefice dei guai dell’Unione, resti in carica fino al 2007. Le sue dimissioni, possibilmente immediate , dovrebbero essere nell’auspicio di chiunque ami l’Europa e la consideri la propria casa.”
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