Molti piemontesi, soprattutto del Piemonte Sud (Cuneo, Asti, Alessandria) ricorderanno Vittorio Badini Confalonieri (1914-1993) per i suoi discorsi al teatro Toselli di Cuneo, un appuntamento periodico come quello del ministro liberale Marcello Soleri che fu uno dei suoi riferimenti ideali. Era un oratore raffinato e ironico, l’esatto opposto del politico di oggi. Era controllato nelle parole, fermissimo nelle idee. Avvocato di grido, fu deputato alla Costituente e alla Camera per sei legislature. Fu sempre estraneo alla logica perversa delle raccomandazioni e per questo, quando il clima politico cambiò, non venne confermato nel 1976. Ma non se ne fece un cruccio e con grande dignità tornò a fare l’avvocato come fece Soleri che, cessato il mandato parlamentare. riaprì lo studio a Cuneo.
Certo, Badini non concepiva il consenso attraverso il clientelismo becero e provinciale, ma solo attraverso un comportamento etico-politico di cui fu coerente testimone per tantissimi anni. Badini guardava ad Einaudi, più che a Giolitti che indubbiamente fu, se non il salveminiano “ministro della malavita”, un disinvolto “manovratore” elettorale, come in parte lo furono i liberali piemontesi del ‘900.
Entrato alla Costituente a 32 anni, si distinse per l’alto livello dei suoi discorsi, anche alla Camera, con i suoi 295 interventi che lasciarono un segno della sua opera. Altrettanto al governo come sottosegretario alla Giustizia e agli Affari Esteri, oltre che come ministro al Turismo e allo Spettacolo, un incarico oggettivamente sottodimensionato rispetto alla sua figura di statista. Badini meritava ben di più, ma il governo Andreotti-Malagodi consentì solo a Malagodi di essere comprimario come ministro del Tesoro. Quell’incarico governativo a Badini rivelò il limite abissale del Pli che non seppe selezionare la sua classe dirigente ed ebbe costanti scissioni politiche a sinistra.
La provincia di Cuneo, per antica tradizione, era liberale e cristiana, una provincia bianca venata da profonde idee liberali. E Badini rappresentò in Parlamento quella provincia, sapendo però guardare, come tutti i grandi piemontesi, alla Nazione italiana nel suo complesso e, andando oltre le Alpi, alla nascente idea d’Europa.
Alcuni interventi alla Costituente (ad ,esempio quello sulla indissolubilità del matrimonio da inserire in Costituzione con motivazioni laiche e non confessionali) fecero discutere anche l’ambiente liberale.
Il liberalismo piemontese è stato prevalentemente legato al laicismo e all’anticlericalismo massonico, in effetti poco laico in senso liberale e cavouriano, cioè poco aperto alle fedi religiosi che venivano viste con gli occhi del pregiudizio antireligioso come espressione di inferiorità intellettuale. Badini era un laico liberale credente, un’eccezione che riusciva però ad attrarre rispetto e stima in un elettorato come quello della Provincia Granda.
Come dirigente del Pli, di cui divenne presidente nazionale succedendo a Gaetano Martino, dimostrò tatto ed equilibrio, riuscendo a mediare tra posizioni diverse a cui portava il forte individualismo esistente in quel partito.
Fu sempre animato da ideali europeisti sull’onda di Luigi Einaudi, uno dei padri del pensiero federalista europeo; in più legislature fu designato come rappresentante all’assemblea del Consiglio d’Europa e fu presidente dell’Unione Europea Occidentale.
Fu anche presidente della Fondazione “Luigi Einaudi” di Roma e attivo collaboratore della “Tribuna”, storico giornale liberale.
A cent’anni dalla nascita, occorre che doverosamente che il Piemonte lo ricordi. E’ stato uno dei pochi statisti piemontesi del secondo ‘900. Molti altri deputati e senatori sono stati soltanto dei politici o dei politicanti. Badini fu un liberale con il senso dello Stato e con la dignità di un uomo del Risorgimento.
Fu fedele al motto della sua famiglia: ”Ostendo, sed non ostento”.
Con intelligenza, indipendenza di giudizio, dignità .
I politicanti di oggi lo hanno dimenticato e gli fa molto onore questo oblìo da parte di uomini di bassissimo profilo che hanno inquinato la politica, togliendo ogni speranza di futuro ai cittadini. Ma forse ci sarà ancora un qualcuno in Piemonte che saprà tenere fede alla storia subalpina e vorrà ricordare degnamente Badini Confalonieri, riscoprendo, dopo vent’anni di becero populismo, il senso della politica come impegno civile rigoroso e disinteressato, appassionato e intellettualmente onesto. Ricordare Badini Confalonieri significa riscoprire quella che Giacomo Debenedetti definiva l’aria dei “ventilati altopiani”, quella che si respirava nell’Aula del Parlamento subalpino e all’Assemblea Costituente in cui nacque la Carta che ha dato democrazia e libertà a questo Paese per quasi 70 anni.
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