Il cittadino onesto (si spera che ancora ve ne siano e siano numerosi… malgrado tutto!) legge con sgomento i testi delle intercettazioni dei colloqui telefonici tra alti magistrati e faccendieri pubblicati in questi ultimi giorni dai quotidiani.
A prescindere dal fondamento o meno dei sospetti di violazione delle norme penali che gli inquirenti avanzano, la lettura di tali conversazioni rivela frequentazioni da parte di tutori della legge, che siedono o sono stati seduti fino a poco tempo fa sulle poltrone più alte, che non può non venire considerata come inaccettabile tanto più che la “coprolalia” (= impulso anormale all’uso di espressioni oscene; dai vocaboli greci “kopros”=sterco e “lalia”=modo di parlare), spesso in un becero vernacolo, sembra farla da padrona in tali conversari.
Da ciò emerge un quadro squallido di coloro (ci auguriamo che siano pochi) cui è affidato l’altissimo compito dell’amministrazione della giustizia dato che, come recita un proverbio greco ripreso da Socrate, “tale il carattere tale il discorso”.
Occorre anche ricordare che “corrumpunt bonos mores colloquia mala” (=le conversazioni cattive corrompono i buoni costumi; S.Paolo, Lettera ai Corinzi, I, Cap. 15, v.33).
Forse questi episodi non sono altro che il sintomo che tra la Suburra ed il Palazzo non c’è più molta diversità. Il che fa temere per l’avvenire del nostro paese.
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